Questo libro è un omaggio a una delle più grandi poetesse persiane del secolo scorso che ha subito una dura repressione per la sua ribellione contro le convenzioni e il perbenismo imperanti.
Nata nel 1935 da una famiglia benestante, muore nel 1967 in un incidente stradale. Comincia a leggere e scrivere poesie a tredici anni e si sposa a sedici e ha il suo primo e unico figlio (Kamiar) a diciassette.
Si accorge presto che “il tempo della speranza nella fedeltà allo sposo/ è stato sprecato, sprecato” e che il matrimonio è una prigione dalle “fredde e scure sbarre”, soprattutto per l’ambiente dispotico della famiglia del marito che avversa ostinatamente la sue poesie “scandalose” nelle quali Forug parla liberamente dell’amore.
La conseguenza è il divorzio (1953), ma la sentenza del tribunale è atroce: non potrà più rivedere il figlio, una sofferenza che si trascinerà fino all'età adulta di Kamiar che dichiara “ho conosciuto mia madre attraverso le sue poesie”.
Per tutta la vita ha subito l’ostracismo della sua società, trovando comprensione e accoglienza solo nell'ambiente culturale più evoluto.
Dopo la sua morte le sue poesie, prima proibite, hanno valicato il muro della messa al bando e lei ha acquisito grande fama assurgendo a emblema dell’emancipazione femminile.